Epifania: annuncio della Pasqua 2022

Sequenza
ANNUNZIO DEL GIORNO DELLA PASQUA

Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata
e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.

Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto,
che culminerà nella domenica di Pasqua il 17 aprile.
In ogni domenica, Pasqua della settimana,
la santa Chiesa rende presente questo grande evento
nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.

Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 2 marzo.
L’Ascensione del Signore, il 29 maggio.
La Pentecoste, il 5 giugno.
La prima domenica di Avvento, il 27 novembre.

Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi
e nella commemorazione dei fedeli defunti,
la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene,
Signore del tempo e della storia,
lode perenne nei secoli dei secoli.
Amen.

Ed ecco il canto liturgico di oggi:

Alzati e risplendi (RnS)

Esecuzione: coro dell’oratorio di Brembilla 

(l’audio non è granché, purtroppo, ma l’esecuzione è bella)

Un cuore nuovo per l’anno nuovo

Allegro, non vi lasciate andare,
bisogna sempre avere un cuore nuovo per l’anno nuovo.
—Ch. Dickens, Racconti di Natale: Le campane, “Secondo Quarto” (trad. Emanuele Grazzi), Newton & Compton 2003, pag. 110

.

L’obiettivo di un Nuovo Anno non è che abbiamo un nuovo anno. È che abbiamo una nuova anima e un naso nuovo; nuovi piedi, una nuova schiena, nuove orecchie e occhi nuovi.
A meno che un particolare uomo non prenda decisioni per il Nuovo Anno, non prenderà alcuna decisione. A meno che un uomo non cominci da capo con le cose, senz’altro non farà niente di efficace. A meno che un uomo non parta con la strana ipotesi di non essere mai esistito prima, è certissimo che non esisterà mai in seguito.
A meno che un uomo non nasca di nuovo, non entrerà in nessun modo nel Regno dei Cieli.
— G.K. Chesterton, Lunacy and Letters, “January One”, pubblicato in La famiglia, regno della libertà (31 dicembre), Leardini, 2019

.

Ma quest’anno è soprattutto importante che il cuore nuovo non sia soffocato dalla paura.

Buon anno nuovo. 

Buon anno con Frodo Baggins

di Francesco Agnoli – Libertà e Persona 01/01/2011, pubblicato su Il Foglio del 30 dicembre 2010 [i neretti sono miei]

La Fede, spiegavano Machiavelli, Marx e tanti altri, è un freno all’azione terrena, impone una visione rassegnata dell’esistenza, perché rimanda tutto all’eternità. Credere nell’aldilà, insomma, impedirebbe all’uomo di essere protagonista nell’aldiqua.

Mi sembra che le cose non stiano così. Cercherò di spiegarlo ricorrendo ad un personaggio de “Il signore degli anelli”: il piccolo Frodo. Egli decide di assumersi un compito molto più grande di lui: prendere l’anello del potere, bramato dal Signore del male, e portarlo là dove può essere distrutto. “Prenderò io l’anello,- afferma– solo non conosco la strada”.

Mi è sembrato subito, leggendo questa frase, di trovarvi la risposta di uno scrittore cristiano come Tolkien all’obiezione proposta all’inizio. “Prenderò io l’anello”: Frodo decide di assumere su di sé un compito, un fardello, pur conoscendo quanto questo sia difficile. Sa di dover affrontare il male stesso, la sua immensa potenza, ma, pur temendo, non dispera. Quante volte noi, ogni giorno, sentiamo che c’è nella nostra vita una decisione da prendere: magari una malattia da affrontare, un imprevisto cui far fronte, un perdono da chiedere o da concedere, un bene da abbracciare o un male da respingere…

Di fronte a ciò, la ragione indaga: ma è poi la nostra volontà, la nostra libertà che decide. Frodo sceglie di prendere l’anello perché pensa che questo sia il suo “compito”. La Fede è anzitutto questo: vedere in ogni circostanza della vita un compito, cioè qualcosa che ci è richiesto, anche se non viene da noi. Ritenere che tutto ciò che accade abbia un significato.

Sapere che ogni prova che è permessa, non è superiore alle nostre forze, che non siamo soli, ma accompagnati dall’Amore di Cristo. Perché se questo è vero, il non conoscere la strada è secondario: qualunque essa sia, sarà possibile percorrerla. Frodo, l’uomo che ha veramente Fede, dice dunque “prenderò l’anello”, e solo dopo si informa, senza angoscia, con umiltà, sul cammino che lo aspetta. È dunque pienamente protagonista, nella misura in cui tutto ciò che accade nella realtà non lo può confondere e sconfortare, in ultima analisi, in modo definitivo. Credere nella Provvidenza vuole dire credere che ogni realtà sia da vivere, sia possibile, sia il tuo compito di quel momento.

Al contrario, l’atteggiamento di chi non crede nel senso dell’esistenza è diverso, perché è improntato anzitutto alla paura: “Ditemi la strada, e poi, forse, prenderò l’anello”.

L’uomo che non crede vuole sapere cosa lo aspetta, vuole essere certo, sicuro, perché teme gli imprevisti, la realtà, le sue mille circostanze. Ma la sicurezza non è di questo mondo. Le religioni antiche, prima del cristianesimo, praticavano svariate forme di divinazione: lettura del volo degli uccelli, delle viscere degli animali, delle pagliuzze gettate nell’acqua, delle carte, della mano, dei sogni… oracoli, sibille, tarocchi, profezie… Gli antichi romani erano soliti interrogare gli almanacchi prima di contrarre matrimoni, di costruire casa, di fare affari… e similmente gli altri popoli pagani. Per questo la predicazione dei primi cristiani è spesso indirizzata proprio contro la divinazione, contro la volontà di conoscere prima, contro la paura del futuro.

La fede, quella vera, profonda, infatti, non teme nulla, non conosce la paura che paralizza, ma solo la fragilità umana redenta. Il fardello è pesante, sproporzionato? Dio mi aiuterà. “Non chiedo di vedere lontano, scriveva il cardinale Newman, un passo è abbastanza per me…”. Non ti chiedo, o Dio, di sapere quale sarà la mia croce di domani; conosco quella di oggi, e so che “ad ogni giorno basta la sua pena”.

Non temo per come vestirò, o cosa mangerò, perché gli uccelli del cielo “non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre”… La fede è così grande che sposta le montagne, abbatte ogni ostacolo, vince ogni terrena difficoltà: pensiamo ai martiri, uccisi per la fede; a tanti missionari, che hanno affrontato infinite difficoltà, disagi, spesso la tortura e la morte; ai santi fondatori di ospedali, che hanno sfidato la lebbra, la peste, la sifilide, nel corso dei secoli, mettendo la loro vita nelle mani di Dio, per i fratelli; agli sposi che si scambiano l’anello, con fede l’uno nell’altro e non si chiedono cosa ci sarà domani, perché tutto, domani, può accadere, ma tutto è possibile superare, fidando “in Colui che ci dà forza

L’uomo senza Fede nella Vita, invece, torna ad essere come l’uomo antico, un uomo spaventato.

Lo vediamo ogni giorno. Si ha paura di sposarsi, e si fanno i matrimoni a tempo; si ha paura delle difficoltà, e si disfa in breve ciò che si è costruito; si ha paura della malattia, al punto che si vorrebbe decidere oggi, che si sta bene, come affrontare, o meglio non affrontare la malattia, domani; si ha terrore, di un figlio malato, e si cercano mille modi per eliminarlo anzitempo… Frodo non è così. Vive al massimo il presente, perché non ha paura del futuro. Tutto è nelle sue mani, nelle sue possibilità, perché è nella mani di Dio. Non conosce la strada, come non la conoscono gli altri: ma decide di percorrerla tutta, sino in fondo.

Cosa ci porterà il nuovo anno? Speriamo ogni bene, ma soprattutto la forza per vivere con Fiducia ogni circostanza, come Frodo.

Theotokos di Vladimir - Vladimirskaya

L’icona della Madre di Dio di Vladimir è anche detta la Theotòkos, che significa “colei che ha dato alla luce Dio”. Oggi è la festa di Maria Santissima, Madre di Dio. Poiché Maria era coraggiosa, come scrisse una volta il caro Papa emerito Benedetto XVI, possiamo chiedere a lei di non avere paura. 

31 dicembre, ultimo dell’anno (civile): Te Deum laudamus

Il 31 dicembre è l’ultimo giorno dell’anno per il calendario civile occidentale.

Per la Chiesa cattolica, invece, è il settimo giorno dell’Ottava di Natale, vale a dire che è Natale. Il Natale di Gesù, infatti, è una festa talmente importante – la festa della nascita di Dio in terra – che non basta un giorno solo per celebrarla, ci vuole un’intera settimana più uno, cioè un’ottava. (Si capisce che chiamarla “ottomana” sarebbe stato fuori luogo.)

 

Nell’Ottava di Natale ci sono alcune feste importanti, accanto al Natale stesso: la festa di santo Stefano, il primo martire o protomartire (26); la festa di san Giovanni evangelista, il prediletto del Signore e autore di uno dei brani più strepitosi nella storia della letteratura, che è il prologo del Vangelo scritto da lui (27); la festa dei Santi Innocenti, i primissimi a morire a causa di Gesù (28).

In questi giorni cade anche la festa della Santa Famiglia, che è per grado una solennità e si celebra nella prima domenica dopo Natale (è una festa mobile: nel 2019 è stata celebrata il 29).

L’ultimo giorno dell’Ottava, che è il primo giorno di gennaio, è dedicato a una festa grande, la solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Quel giorno, infatti, è Capodanno secondo il calendario romano – e intendo proprio romano nel senso dell’antica Roma, non nel senso di Roma come sede del Papa – ma non è un “capodanno”, cioè un inizio di nuovo anno, secondo il calendario liturgico. Il calendario liturgico comincia con la prima domenica d’Avvento.

 

Se il primo gennaio non è liturgicamente un capodanno, va da sé che il 31 dicembre non sarà liturgicamente una fine d’anno. Secondo la liturgia, il 31 dicembre, se non capita di domenica, è una feria, vale a dire che non ci sono feste particolari. Nel calendario, naturalmente, questo giorno ospita vari santi, tra cui san Silvestro I, ma la sua liturgia è quella natalizia dell’Ottava.

 

Siccome però noi viviamo nel mondo con tutti gli altri e tutti gli altri, in Occidente, amano considerare il primo gennaio Capodanno (Dio solo sa in base a quale criterio, ma un Capodanno ci vuole sempre: è chiaramente un bisogno primario, visto che ce l’ha qualunque popolo e civiltà), anche noi lo vediamo come Capodanno e consideriamo il 31 dicembre la fine d’anno.

E siccome, quando si finisce qualcosa, uno tira le somme e fa un bilancio, anche noi abbiamo un po’ l’abitudine di fare così.

Siccome, però, siamo servi inutili e senza il Signore non possiamo far nulla – una cosa che ho scoperto essere concreta quanto le patate, come Chesterton usava dire del peccato originale – anziché star lì a tirare somme per gloriarci di quanto siamo bravi o deprimerci per quanto è brutto il mondo, la Chiesa ci propone di metterci insieme a ringraziare Dio di ciò che ci ha dato in questo anno e negli ultimi duemila: è la preghiera chiamata Te Deum.

Il sentimento di essere a un punto (ciclico) di svolta nasce nel popolo; la proposta di come affrontarlo viene dalla Chiesa. Ripeto, però, che il canto del Te Deum, non fa parte della liturgia del giorno: curiosamente, questa preghiera nella liturgia ha sempre avuto posto, ma non in quel giorno lì. La recita del Te Deum il 31 dicembre è invece ciò che si dice “un pio esercizio”. La questione si può approfondire nel Direttorio su pietà popolare e liturgia al paragrafo 114 (dedicato al 31 dicembre, mentre al 7 c’è la definizione di pio esercizio).

 

Anche se il Te Deum non fa parte della liturgia dell’Ottava, di solito viene recitato dalla congregazione dopo la Messa, se c’è Messa nella data chiesa; se la Messa non c’è (non tutte le chiese hanno la Messa tutti i giorni), ci si può comunque raccogliere in chiesa per dirlo o cantarlo, a patto che la chiesa sia aperta (e purtroppo non tutte le chiese sono aperte quando dovrebbero, incluse quelle parrocchiali; ma non credo che il parroco ci rifiuterebbe la chiave se gli dicessimo che vogliamo andare in chiesa per il Te Deum). Chi non può andare in chiesa, lo può recitare o cantare da solo, se desidera. La cosa più bella è ringraziare Dio insieme ad altri ma non sempre è possibile essere fisicamente insieme; il 31 dicembre, però, dopo l’imbrunire, ci saranno migliaia di altre persone che in quel momento staranno recitando lo stesso ringraziamento e proprio soli non saremo.

 

Te Deum laudámus: te Dóminum confitémur.
Te ætérnum Patrem, omnis terra venerátur.
Tibi omnes ángeli, tibi cæli et univérsæ potestátes:
tibi chérubim et séraphim incessábili voce proclamant:
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth.
Pleni sunt cæli et terra maiestátis glóriæ tuae.

Te gloriósus Apostolórum chorus,
te prophetárum laudábilis númerus,
te mártyrum candidátus laudat exércitus.
Te per orbem terrárum sancta confitétur Ecclésia,
Patrem imménsæ maiestátis;
venerándum tuum verum et únicum Fílium;
Sanctum quoque Paráclitum Spíritum. 

Tu rex glóriæ, Christe.
Tu Patris sempitérnus es Filius.
Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem, non horruísti Virginis úterum.
Tu, devícto mortis acúleo, aperuísti credéntibus regna cælórum.
Tu ad déxteram Dei sedes, in glória Patris.
Iudex créderis esse ventúrus.
Te ergo, quæsumus, tuis fámulis súbveni, quos pretióso sánguine redemísti.
Ætérna fac cum sanctis tuis in glória numerári.

Salvum fac pópulum tuum, Dómine, et bénedic hereditáti tuæ.
Et rege eos, et extólle illos usque in ætérnum.
Per síngulos dies benedícimus te;
et laudámus nomen tuum in sæculum, et in sæculum sæculi.

Dignáre, Dómine, die isto sine peccáto nos custodíre.
Miserére nostri, Dómine, miserére nostri.
Fiat misericórdia tua, Dómine, super nos, quemádmodum sperávimus in te.
In te, Dómine, sperávi: non confúndar in ætérnum.

Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.

Ti acclama il coro degli apostoli e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode;
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio, e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria, eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell’uomo.
Vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi. 

Soccorri i tuoi figli, Signore, che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria nell’assemblea dei santi.
Salva il tuo popolo, Signore, guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore, di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: in te abbiamo sperato.
Pietà di noi, Signore, pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno.

(dal Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica)

 

martedì 31 dicembre 2019 

Santa Famiglia. Gesù in braccio a san Giuseppe

Buon Natale!

Ha senso, nel presepio, mettere Gesù appena nato in braccio a san Giuseppe?

Be’, dipende.

Da che dipende? Dipende dal modo in cui uno considera il presepio.

.

1) Se si pretende che il presepio sia uno strumento di meditazione teologica, la cosa non ha molto senso: perché non fu Giuseppe a portarci Gesù, fu Maria. In questa visione delle cose, Gesù in braccio a san Giuseppe non avrebbe gran significato.

Bisogna ricordare che ogni elemento nel presepio ha un significato specifico. Il presepio non è un documentario, altrimenti non ci metteremmo i tacchini e, per la verità, non ci metteremmo neanche il bue e l’asino, che sono due elementi di esclusivo significato teologico: rappresentano infatti il popolo ebreo (il bue) e tutti gli altri popoli (l’asino; praticamente, chiunque si sia inventato la simbologia ci considerava dei somari e non si può negare che ci vedeva lontano).

.

2) Se si considera il presepio come strumento di emozione e commozione, Gesù in braccio a Giuseppe va benissimo, perché è realistico. Non ce lo vedo, san Giuseppe, a svegliare Maria che dorme dopo il parto solo perché il Divin Piccoletto si è svegliato e la paglia Gli pizzica. Questo sarà successo e allora san Giuseppe, che vegliava su entrambi, l’avrà preso in braccio.

(Va be’, se piangeva, è più probabile che Maria sia saltata su come una molla, ma dipende anche da quanto era stanca, no? Se invece non piangeva… è andata come dico.)

Oltre al realismo, una simile raffigurazione è molto à la page. Il Bambino in braccio a san Giuseppe non è una raffigurazione nuova, ma l’idea di metterglielo in braccio nella stalla, mentre Maria dorme, è recente. Un quadro abbastanza noto è quello di Lester Yocum del 2009, “While Mary Sleeps”.  

Pagina di Pinterest con altre immagini di Giuseppe e Gesù.
Occorre iscriversi per vederla.

.

3) C’è poi la terza visione, quella cattolica, per cui il presepio è uno strumento et di commozione et di meditazione. Mai limitarsi senza necessità.

Ogni popolo sviluppa i temi paraliturgici a modo proprio, secondo la propria sensibilità. La figura di san Giuseppe con Gesù è frequente nei paesi di lingua e cultura spagnola, mentre da noi è molto più sviluppato il tema della Sacra Famiglia e, in tale raffigurazione, è più sensato che il bambino stia con la Madre, sempre per motivi di coerenza teologica.

Le cose cambiano, però. L’importante è che cambino per un approfondirsi della coscienza e non perché cambiare questo o quello va di moda. 

While Mary Sleeps (Mentre Maria dorme), di Lester Yocum, 2009

I canti di oggi, festa del Battesimo del Signore

La festa del Battesimo di Gesù, che cade nella prima domenica dopo l’Epifania,1 fa parte del Tempo liturgico di Natale oppure no?

Sì. La sua appartenenza al Tempo di Natale non la decido io e non la decide il parroco; l’ha stabilita la Chiesa qualche tempo fa e non l’ha cambiata.

Oggi, però (domenica 10 gennaio 2021) ho dovuto lavorare alcune ore per poter dire di esserne certa.

Stamattina, infatti, appena arrivata in chiesa per la Messa, qualcuno mi ha detto che il nostro parroco non voleva canti di Natale perché il Tempo di Natale è finito ieri. Anche nel messalino, del resto, non erano riportati canti di Natale, né la dicitura “Tempo di Natale”.

.

Anni fa feci una ricerca in proposito e scrissi un lungo post.

Al tempo, però, la mia preoccupazione era il presepio e quando smantellarlo, quindi la mia fonte principale fu il Direttorio su pietà popolare e liturgia, della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti, pubblicato nel 2002. Non è ammissibile che un simile documento s’inventi particolari del genere, quindi non avevo bisogno di cercare altre fonti per il particolare in questione; particolare che il Direttorio espone in questo modo:

La festa del Battesimo del Signore chiude il Tempo natalizio

Se però un parroco dice una cosa del genere (posto che veramente l’abbia detta e che non sia stato frainteso), un qualche motivo l’avrà. Sul momento mi sono irritata, ma poi hanno cominciato a venirmi dei dubbi.

Che la formulazione del Direttorio sia ingannevole? Forse la festa chiude il Tempo di Natale senza farne parte?

Ma, dal punto di vista del linguaggio, questa spiegazione non ha senso (sarebbe come dire che la porta chiude la casa ma non ne fa parte) e sarebbe la prima formulazione insensata che vedo in un documento ufficiale della Chiesa.

Sarà forse cambiato qualcosa con l’introduzione delle modifiche al messale? In teoria sono cose separate, ma…

Bisognava approfondire. Ho approfondito.

Confermo: la Festa del Battesimo del Signore fa parte del tempo di Natale e lo conclude. (Oppure le modifiche a questo particolare punto sono dannatamente ben nascoste.)

I canti però sono un’altra faccenda.

Che cantiamo oggi?

I canti servono per entrare più facilmente nel mistero che si celebra; devono quindi essere adatti al contenuto specifico della celebrazione, oltre che ai diversi momenti (ingresso, comunione, offertorio, congedo eccetera).

La festa del Battesimo del Signore, pur concludendo il Tempo di Natale, non ha una liturgia spiccatamente natalizia e ha un prefazio proprio, non uno dei due prefazi di Natale né quello dell’Epifania.

Così, è comprensibile che certi canti natalizi siano ritenuti poco adatti al mistero del Battesimo di Gesù: non aiuterebbero a mettere a fuoco l’argomento del giorno.

Purtroppo non c’è questa messe di canti dedicati al Battesimo di Gesù, una festa che «non ha dato origine a particolari espressioni della pietà popolare», come dice il Direttorio, ma neanche a grandi espressioni della pietà musicale, mi sembra.

Questo potrebbe dipendere dal fatto che il Battesimo è poco carnale, chissà. In ogni caso, tra tutti i canti che ho visto proporre in rete (ho fatto una piccola ricerca) non ce n’era nessuno che sembrasse dedicato a questo preciso avvenimento.

Una piccola lista si trova in un documento della diocesi di Torino.

Come si può vedere, ci sono canti di lode a Dio, canti che riprendono il salmo responsoriale o le letture e, naturalmente, canti dedicati allo Spirito Santo. Solo per l’ingresso (introito), il documento ci dice che si potrebbe scegliere tra quelli natalizi, ma senza indicarne nessuno.

TESTI

Da Norme generali per l’ordinamento dell’Anno liturgico e del Calendario romano:

33. Il Tempo di Natale inizia con i Primi Vespri del Natale del Signore e termina la domenica dopo l’Epifania, cioè la domenica che cade dopo il 6 gennaio.

.

Da Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, Città del Vaticano 2002:

La festa del Battesimo del Signore

119. Strettamente collegati all’evento salvifico dell’Epifania del Signore sono i misteri del Battesimo di Gesù e della sua manifestazione alle nozze di Cana.

La festa del Battesimo del Signore chiude il Tempo natalizio. Essa, rivalutata solo in tempi recenti, non ha dato origine a particolari espressioni della pietà popolare. Tuttavia, affinché i fedeli siano sensibili a tutto ciò che riguarda il Battesimo e la memoria della loro nascita come figli di Dio, essa può costituire un momento opportuno per efficaci iniziative, quali: l’adozione del Rito dell’aspersione domenicale con l’acqua benedetta in tutte le messe che si celebrano con concorso di popolo; la concentrazione della predicazione omiletica e della catechesi sui temi e sui simboli battesimali.

.

Da Liturgia delle Ore vol. I (Avvento e Natale), 11 gennaio o Venerdì dopo la domenica dell’Epifania:

Dai «Discorsi» di san Massimo, vescovo di Torino
(Disc. 100 sull’Epifania, 1, 3; CCL 23, 398-400)

I sacramenti del Battesimo del Signore

Il vangelo racconta che Gesù venne al Giordano per farsi battezzare e in quel fiume volle essere consacrato con prodigi celesti. La ragione esige che questa festa segua quella del Natale del Signore, perché i due eventi si verificarono nel medesimo tempo anche se a distanza di anni.

Ecco perché ritengo che la festa si debba chiamare anch’essa Natale.

Nel giorno che diciamo Natale egli nacque tra gli uomini, oggi è rinato nella manifestazione divina; in quel giorno nacque da una vergine, oggi è generato nel mistero.
Prima, nascendo alla maniera degli uomini, viene stretto al seno da Maria; ora generato secondo il mistero, è avvolto dalla voce del Padre che dice: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17, 5).
La Madre accarezza dolcemente il piccolo sul suo grembo, il Padre offre al Figlio un’amorosa testimonianza; la Madre lo presenta ai magi perché l’adorino, il Padre lo rivela ai popoli perché gli rendano onore.

(san Massimo vescovo di Torino, morì nel 420 d.C; ne possiamo concludere che quella tra Natale e Battesimo di Gesù è una relazione di vecchia data)  

********************

1 Per i Paesi che festeggiano l’Epifania il 6 gennaio, come è il nostro. In altri Paesi, infatti, l’Epifania si celebra nella domenica successiva al 6 gennaio.